Un seul exemplaire de la conférence donnée dans la salle de la Société Ouvrière de Chieti un mois après la mort de Giuseppe Garibaldi par son concitoyen niçois Henri ( Enrico) Sappia nous est parvenu.
Il est conservé à la Bibliothèque d’Histoire Moderne et Contemporaine de Rome.
Il fut imprimé en 1882 à l’Imprimerie Del Vecchio Raffaele à Chieti. Ce texte unique n’a jamais été réimprimé depuis. Il a été ignoré lors des festivités du bicentenaire de la naissance à Nice du Héros des Deux Mondes en 2007. On trouvera ici le texte intégral, à l’exception de quelques mots illisibles indiqués par des crochets.
Début du texte, dont la totalité ce trouve dans le PDF ci-joint :
Oggi, la quest’ora solenno, compia il trigesimo giorno da che al lugubre annunzio percossa la terra ed a quello attonita si stette, e di mestizia ineffabile si ammantorano i cieli, e di lutto velarono le Grazie il loro volto (vennalissimo ?) ; e la Patria e la Storia e la Religione, da profondo dolore comprese, quella tomba irrigarono di lagrime, e la terra che raccolse il frale di Lui ornarono di semprevive e di amaranti.
All’annunzio ferale l’Italia tutta, da Susa a Marsala, scarmigliato il crine, discinto il reale paludamente, la corona torrita deposta e lo scettro, su quell’avello scioglie un cantico, che durerà quanto il mondo lontano, ed ai contemporanei ed alle più tarde venture generazioni rivolta, impietrita dal duole, deh ! voi tu dite, grida con voce straziante, come Geremia un dì sulle rovine di Gerusalemme, deh ! voi tu dite, so vi ha dolore che il mio dolore pareggi !
All’ annunzio ferale gemono le città, sono anguste le vastissime piazze alla folla di popolo, che si accalca supplice intorno (alle ? )cittadine, a Roma ed a Washington, a Madrid ed a Vienna, a Londra a Parigi ed a Berlino muti e pensosi si raccolgono i legislatori ; l’Europa, il mundo civile si restono a corrotto, ed il nome di Lui (rimarmorano ?) le più lontane sponde delle americane regioni, di gramaglio esse pure( ammanitori) ; e d’un tratto quel uomo che già ovunque era penetrato , ed era per tutti i popoli fatto segno a venerazione profonda, vola di bocca in bocca ; il patrizio lo ripete ossequente ed il plebeo, il dotto e l’ignorante, i principi ed i popoli, i giovani lo ripetono
« Ei regliardi che ai casti pensieri,
De la tomba già schiudon la mente ; »
e lo repetono le donne, che alle veglie lucenti non fanno più pompa dei monili e dei cinti,
« Che alle donne diserte dei vinti
Il marito e l’amante rapì »
E perchè non siavi angolo della terra, in cui la notizia ferale non penetri, già l’elettrico sull’ali celeri dei suoi fili la comunica per l’immensità dei cieli, la trasmette nella profondità degli abissi, la getta attraverso i vastissimi oceani, la spande nei due mondi, e rapido come il baleno la ripete all’uno ed all’altro popolo.
E l’Umanità, non più serena e giuliva nell’aspetto, non più lieta e festante nei cuoro, cessa dal (giubilo), e, tinto di pallore il viso, a quella bara, in cui dormo il ferreo eterno sonno il Compianto dai secoli s’arretra, ed a Lui canta l’inno del giorno supremo.
Che più dunque indugiate o soldati ?